Non ci troviamo di fronte ad un caso di disattenzione nei confronti dei figli ma in una società incapace di trasmettere valori.
Nude sul web per una ricarica al telefonino. L’Unicef parla di prostituzione femminile. Per il suo rappresentante italiano Roberto Salvati si tratterebbe di adolescenti che danno poca importanza al proprio corpo e che “fanno tutto ciò per avere più soldi in tasca.
”Ma è proprio vero che tutto questo sia successo perché la paghetta non basta? Non lo credo. E neppure penso che la causa di quanto è avvenuto sia la mancanza di attenzione della famiglia. Nel caso riportato dalla cronaca, infatti, é stata proprio la mamma che si è rivolta alla Polizia postale per conoscere dove prendesse i soldi la propria figliola. Un intervento necessario, e certamente ispirato dall’amore e dalla voglia di proteggere la propria prole.
E’ evidente che non ci troviamo di fronte ad un caso di disattenzione nei confronti dei figli, tutt’altro.
Così l’intervento materno ha provocato la notizia che i media non si sono lasciati scappare e si è scoperto che tra i giovani esiste un modo di interpretare il proprio corpo che ci era sconosciuto. Lo si espone, senza timori, e per la foto o per il video si chiedono pochi spiccioli, forse valutando che le foto sono fatte in casa e non da professionisti.
Di fronte a questi fatti dovremmo, invece di gridare allo scandalo, interrogarci tutti.Viviamo o no in una società che abusa del corpo femminile in tutti i modi? Non c’è trasmissione televisiva che non esponga gambe, seni e fondi schiena, dunque il messaggio è chiaro: esporre parti del proprio corpo è più che lecito.La pubblicità non ha limiti nell’utilizzo del corpo della donna, perché quello che conta è vendere e per vendere bisogna attirare l’attenzione. Anche qui il messaggio è chiaro: ci si può far pagare.
Ora si grida allo scandalo perchè una ragazza, di soli quindici anni, ha con disinvoltura esposto il proprio seno, concedendolo in visione per 20 euro.
Si parla perfino di prostituzione minorile.
Ma è davvero prostituzione e non, piuttosto, un’errata valutazione di sé? Quale diritto hanno associazioni come l’Unicef e i nostri media di definire una manifestazione di malessere giovanile “prostituzione”? Chi può arrogarsi il diritto di infangare in questo modo una quindicenne, sicuramente individuabile in barba alla legge sulla privacy, solo perché ha interpretato a modo suo quei messaggi che ogni giorno TV, giornali e moda trasmettono? Il seno è la parte del corpo che esprime il massimo della femminilità, é lecito esporlo in spiaggia, e se esposto nelle sfilate di moda si applaude allo stilista che propone abiti invisibili. Qui, si dice, è arte. Farsi pagare per esporlo può essere forse un modo per sentirsi “modelle”, e le modelle non sono certo prostitute. Come donna e come madre, non posso accettare che un fatto, sicuramente censurabile, sia considerato a livello di prostituzione e neppure che si trasformi un’adolescente in mini-prostituta, perché non esistono bambine puttane ma solo società malate. Questa società è quella che noi adulti abbiamo costruito, e siamo tutti complici, perchè non siamo più capaci di trasmettere valori e la conseguenza è che è difficile per i giovani distinguere ciò che si può fare da ciò che non si dovrebbe mai fare. Quello che traspare da questa vicenda lascia l’amaro in bocca perché non risolve in alcun modo il problema e soprattutto punisce una mamma in cerca di aiuto e una figlia che non ha ancora compreso come sia difficile essere donna in questa società.
Alessandra Battellino Presidente Gruppo Consiliare INTESA PER LA REGIONE Consigliere regionale del Friuli V.G. |